FRASE CELEBRE

"Il ciclismo mi mancherà certo, ma anche io, ne sono convinto, mancherò al ciclismo".

Marco Pantani


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lunedì 27 dicembre 2010

La leggenda di Gino Bartali


Gino Bartali, di cui quest'anno si è festeggiato il decennale dalla scomparsa, è stato uno degli scalatori più forti nella storia del ciclismo.

Bartali nacque a Ponte a Ema, alle porte di Firenze, il 18 luglio 1914, il suo soprannome:“Ginettaccio” ne sottolineava sia il carattere polemico sia sopratutto la caparbietà e la capacità di sopportare ogni sforzo e fatica che lo contraddistinguevano. Si dice che da piccolo sfidasse gli amici in salita pedalando senza mani mentre si sa che per andare alle elementari percorreva, ovviamente in bicicletta, circa 20 km al giorno compresa la durissima erta Canina (18%) che superava spingendo un rapporto durissimo. Ciclista dalle qualità fisico-atletiche eccellenti staccava i suoi avversari in progressione dimostrando una potenza straordinaria sopratutto in salita ma anche in volata. Gino passa professionista nel 1935 a 21 anni e subito si mette in luce nella Milano-Sanremo dove attacca sulla salita del Berta staccando Olmo e Guerra, i due grandi favoriti. Per far si che quel toscanetto sconosciuto non mettesse in ombra i protagonisti annunciati, il direttore della Gazzetta di allora, Emilio Colombo, raggiunse Bartali e con il pretesto di intervistarlo in corsa, gli fece perdere volutamente la concentrazione. Gino arrivo soltanto quarto ma l'attenzione generale era stata fatalmente destata. Tra i primi ad accorgersi di Bartali c'è la Frejus che lo ingaggia per il suo primo Giro d'Italia, concluso al settimo posto, con una vittoria di tappa all'Aquila e la conquista del titolo di miglior scalatore, premio che conquisterà consecutivamente (apparte il 1938) per ben 7 edizioni. A fine stagione è campione italiano nella prova in linea mentre l'anno successivo arriva l'approdo nella Legnano, lo squadrone di Learco Guerra. Impressionato da quanto fatto vedere dal ragazzo toscano nel primo anno da pro, il saggio campione, ormai non più giovanissimo, lo volle fortemente al suo fianco per affrontare il Giro d'Italia. Guerra in seguito a una sfortunata caduta dovette ritirarsi mentre Gino con tre vittorie di tappa assume i gradi del comando e fa sua la corsa rosa. Nel 1937 il Giro affronta per la prima volta le Dolomiti e chi altri potrebbe essere se non il fortissimo scalatore toscano a far suo il primo tappone in quelle zone (Vittorio-Veneto-Merano) insieme alla vittoria finale. Al Tour dello stesso anno Bartali potrebbe ottenere un impresa storica: vince infatti la settima tappa con arrivo a Grenoble indossando la maglia gialla. Nessuno era mai riuscito a vincere i due grandi giri nello stesso anno ma non vi riuscirà neppure Gino vista la sua caduta in un torrente nell'ottava tappa che lo costringerà al ritiro. Nel 1938 su espresso ordine del ct italiano Girardengo (viste le pressioni del regime fascista), Gino salta il Giro per provare a far suo il Tour, 13 anni dopo Bottecchia. E' una scelta che paga e così per i francesi, dopo lo smacco del trionfo a domicilio della formazione azzurra ai mondiali di calcio tenutisi in giugno, è la seconda “umiliazione sportiva” in appena un mese. A 24 anni compiuti Gino ha già in bacheca 2 Giri e un Tour: un palmares straordinario a cui si aggiunge nel 1939 la prima Milano-Sanremo della carriera. Nel Giro del 1939 però arriva la prima sconfitta per Bartali. L'artefice è il 25enne Giovanni Valetti, già vincitore l'anno precedente. La corsa, incertissima dall'inizio alla fine, si decide nella penultima tappa dove Gino veste la rosa grazie a un attacco sferrato il giorno prima sul passo Rolle a cui Valetti non seppe rispondere. Bartali viene attaccato sul suo terreno: la montagna, in una giornata fredda e nevosa. Gino arranca, fora, prosegue ma Valetti gli è già andato via e non ci sono compagni di squadra. Sull'Aprica (proprio come quest'anno) si decide il Giro: Valetti continua a tirare a tutta e il favoritissimo Bartali al traguardo di Sondrio accuserà quasi 7' che gli costeranno la corsa. Il Tour invece viene disertato dalle squadre italiana e tedesca per motivi politici: è il preludio della seconda guerra mondiale. Gino salva la sua stagione facendo suoi i giri di Toscana, di Lombardia e del Piemonte, a cui si mette in mostra per la prima volta un ventenne che di nome fa Fausto Angelo Coppi. Impressionato dalle qualità dell'atleta di Alessandria il direttore della Legnano Pavesi gli offrì un contratto per la stagione seguente per far da gregario a Bartali. Ma anche stavolta le previsioni non si rivelano esatte: il favorito Bartali al Giro d'Italia del 1940 cade nel corso della seconda tappa quando un cane gli taglia la strada. All'arrivo di tappa Bartali perde 5' dai migliori e ha un femore lussato ma per questo non rinuncia a proseguire e, una volta capito di non poter più vincere il Giro, si mette a disposizione del giovane Coppi. Memorabile l'episodio avvenuto sulla salita della Mauria dove Coppi in maglia rosa cade in una crisi profonda. Bartali raggiunge il giovane leader che sembra sul punto di ritirarsi e lo incita a proseguire. A un certo punto Gino scende dalla bicicletta raccoglie un po di neve dal ciglio della strada e lo passa sul collo e sulla faccia di Coppi che di li a poco si riprende conservando il primato anche al termine di questa frazione. L'indomani Bartali lascia il segno andando a vincere il tappone dolomitico e Coppi che gli resta a ruota lungo le ascese più dure approfitta del suo passo forsennato per staccare Enrico Mollo e infliggerli quel distacco che gli consentirà di far suo il primo Giro d'Italia della carriera. Il giorno dopo anche l'Italia entra in guerra e per Gino, giunto nei suoi anni migliori, è un handicap pesantissimo. Il grande corridore infatti riprenderà a gareggiare a livello internazionale solo nel 1946 a quasi 32 anni. E lo fa nel Giro d'Italia, una corsa che cosi come si era conclusa nel 1940 riprende sei anni dopo: con Bartali e Coppi ancora protagonisti stavolta però uno contro l'altro. E' l'inizio di una delle rivalità sportive più discusse e coinvolgenti della storia sportiva. Il conservatore e cattolico Gino contro l'anticonformista Fausto, dualismo che spaccherà a metà le preferenze dei tifosi italiani. Al Giro del 1946 Coppi, passato alla Bianchi, mette in difficoltà Gino sulle dolomiti ma Bartali dimostra a tutti di essere ancora il più forte e torna a vestirsi di rosa a Milano 9 anni dopo l'ultimo successo. L'anno successivo è ancora un duello entusiasmante tra i due campioni a tenere banco: dopo essersi equivalsi sull'Abetone, Gino stacca Fausto sulla Mauria. Ma due giorni dopo sul Falzarego Coppi è incontenibile: Gino paga un salto di catena ma non può nulla contro il ritmo indiavolato del rivale che gli rifila più di 4' vincendo tappa e corsa. Bartali si riscatta in giugno facendo suo per il secondo anno di fila il Giro di Svizzera ma è nel 1948 che firma l'impresa probabilmente più bella e importante dell'intera carriera. Dopo l'ennesima caduta al Giro, dove non va oltre all'ottavo posto finale torna sulle strade del Tour a dieci anni esatti di distanza dall'ultima vittoriosa partecipazione. La squadra non è all'altezza del ciclismo italiano di allora visto che Coppi non si sente pronto e Fiorenzo Magni non è gradito ai francesi per ragioni politiche. Gino indossa subito la maglia gialla vincendo la prima frazione in volata a Trouville. Poi per la prima parte di corsa subisce gli attacchi del giovane idolo di casa Louison Bobet e nonostante le due vittorie pirenaiche dopo 12 frazioni ha già 21' da recuperare dal francese. Sembra non esserci più alcuna chance per il vecchio Gino tant'è che molti giornalisti lasciano la corsa sfiduciati per quanto visto sinora. Il 14 luglio è però una giornata storica per la nazione italiana. Al mattino il leader comunista Palmiro Togliatti è colpito da 3 colpi di pistola venendo ferito alla nuca. Nelle strade si scatenano le proteste e il clima che si respira sembra essere quello di una guerra civile tra filo-sovietici e filo-americani. Il capo del governo Alcide De Gasperi in serata telefona a Gino intimandogli di vincere la tappa l'indomani per “distrarre” gli italiani in quelle ore così concitate. Il Tour infatti, oggi come allora, era seguitissimo e nelle idee di De Gasperi un impresa di Bartali avrebbe potuto alleggerire il clima di tensione nel paese. Gino recepì immediatamente il messaggio a cui rispose “farò meglio di quello che mi chiede, vincerò la corsa”. Motivato e orgoglioso com'era, Bartali sfoderò tutta la sua classe l'indomani sul col de l'Izoard. Nonostante la giornata fredda e le strade infangate del gigante roccioso, Gino attacca la maglia gialla che va in crisi perdendo al traguardo ben 18'. Un distacco abissale che Bartali incrementa nei due giorni successivi sulle Alpi completando la sua incredibile rimonta. Galibier, Criox de Fer, Porte, Cucheron, Granier, Aravis sono i nomi delle vette alpine dove Gino lascia il segno ipotecando il suo secondo Tour. Alla fine della corsa, quando Gino si affaccia sui Campi Elisi per la premiazione, i numeri parlano chiaro: 7 vittorie di tappa e 26' di vantaggio sul secondo classificato, il belga Schotte. Sara' questa l'ultima vittoria per Gino in un grande giro. Ciò nonostante la carriera di Bartali fu ancora lunga e ricca di soddisfazioni. Il 1949 è l'anno di Fausto Coppi che supera una volta per tutte il grande maestro vincendo per la prima volta nella storia Giro e Tour nella stessa stagione. In entrambe le occasioni è proprio Bartali, che corre con una formazione che porta il suo nome, a piazzarsi dietro l'eterno rivale. Nel 1950 Gino vince la Milano-Sanremo e bissa il secondo posto al Giro dietro allo scatenato elvetico Koblet mentre Coppi cade a metà corsa fratturandosi il bacino e perdendo così l'intera stagione. Al Tour, dopo aver vinto la dodicesima tappa, Bartali costringe l'intera formazione italiana al ritiro a causa degli spintoni e degli insulti ricevuti dai tifosi francesi sull'Aspin. Un episodio questo che si verificò a causa della gelosia dei francesi per le vittorie degli italiani che minacciavano di portare a casa il terzo Tour consecutivo. Come andarono realmente le cose è un mistero: di fatto la Domenica del Corriere successiva uscì con l'immagine di Gino a terra mentre viene investito da una folla inferocita che tenta di sottrargli la bicicletta. Il rientro a casa deciso di comune accordo con il capo delegazione Binda costò la maglia gialla al nostro Fiorenzo Magni. Gino correrà ancora tre volte la corsa francese ottenendo due quarti posti e un undicesimo nel 1953 a 39 anni. Al Giro invece lo stesso anno ottenne un ottimo quarto posto mentre la stagione successiva, nel 1954 si ritirò dopo 124 vittorie da professionista. L'ultimo successo di rilievo lo ottenne ai campionati italiani del 1952 mentre l'ultima corsa disputata fu a Città di Castello il 28 novembre del 1954.

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